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Chiara Ferragni ha appena lanciato la sua limited edition con Evian, aggiungendosi all’onorevole schiera di designer come Kenzo, Christian Lacroix, Paul Smith, che l’hanno preceduta con l’acqua minerale iconica francese.

La sua interpretazione fatta di pittogrammi azzurri e caratterizzata dal suo logo dagli occhi blu interpreta il motto “live young” di Evian, in edizione limitata sui formati 50 cl. e 75 cl., mentre una riserva ancora più limitata viene lanciata da e per Colette.

Mentre è a Parigi, aggiunge un endorsement a Disneyland Paris insieme alla sorella Valentina (una sorta di marchio spin-off) e qualche instagram personale sulla Senna con il suo futuro sposo Fedez. A breve Intimissimi on Ice 2017 andrà in scena all’Arena di Verona con costumi da lei disegnati.

Scene di vita standard di quella che Forbes definisce come l’influencer N. 1 nel mondo, e che in realtà sotto il profilo di branding costituisce un branding system che sfida qualsiasi regola del “lifestyle brand”, soprattutto sul profilo della sovraesposizione. Un sistema che, ad esempio, le permette di vendere la sua collezione di scarpe di lusso e contemporaneamente collaborare sia con Steve Madden che con Superga senza conflitti. O di collaborare serenamente con brand super lusso e con brand democratici.

A parte qualche (rara e velatissima) critica nel caso Evian sul fatto che la Ferragni firmi “anche” l’acqua minerale, la stampa e soprattutto la comunità di fan continua a seguirla con affetto e partecipazione, nonostante la sua ubiquità e il ventaglio molto ampio di interessi.

Più di un brand, più di una blogger, più di una influencer: Chiara Ferragni è oggi forse il più alto esempio di come il lusso è diventato democratico, sintetizzato in “lifestyle brand vivente”.