Sebbene qualche fan di Emily in Paris non abbia apprezzato, la terza stagione di Emily in Paris appena lanciata è in realtà un sampling completo del nuovo modo di fare product placement, con articolazioni a più livelli.

Il primo livello, quello standard in cui brand di moda e di accessori vengono indossati dalle attrici, non stupisce, visto che le due protagoniste principali, Emily e Mindy, sono due fashion victim. E quindi, paganti o no, ecco sfilare brand di borse, scarpe e abbigliamento fashion come Prada, Gucci, Louis Vuitton, Jean Paul Gaultier, Carolina Herrera, etc., molti dei quali dichiarano di avere effettivamente beneficiato nelle scorse due stagioni in termini di incremento di vendite o di visibilità sui social.

Il secondo livello segue il sistema James Bond: props di marca ben visibili sulla scena, come il Samsung Galaxy Z Fold, i laptop Samsung, gli iPhones e gli iMac, ma anche marchi alimentari come Fritos, Acqua Panna, Sanpellegrino, Starbucks, Laurent Perrier. Alcuni dei quali inclusi anche nella sceneggiatura, come ad esempio Rimowa, che gode di una collaboration con uno stilista già apparso nelle precedenti stagioni.

Inserire un brand nella narrativa di Emily in Paris non è troppo difficile: Emily lavora in un’agenzia di pubblicità specializzata in marchi di lusso, e qualsiasi marchio può diventare nella sceneggiatura un potenziale cliente che affida il budget all’agenzia. E’ il caso di Air France, Vespa x Christian Dior, Ami Paris, e persino del marchio belga di cibo per cani e gatti Edgar & Cooper. In questi casi l’inserimento arriva all’illustrazione dei valori di marca (nel brief) e alla campagna realizzata, come nel caso delle mongolfiere Ami Paris “Love is in the Air”.

Ma il top è raggiunto da McDonald’s, unico brand che aggiunge al product placement anche un lancio di limited edition nel mondo reale, la McBaguette, lanciata in Francia da tutta la rete di affiliati. Con una certa forzatura narrativa, nel terzo episodio l’agenzia per cui lavora Emily si aggiudica il budget pubblicitario della catena in Francia, che vuole porre l’accento sull’essere un ristorante “cool”. Segue brief e campagna, con conseguente ideazione del McBaguette, che però vede la luce nel mondo reale qualche giorno dopo.