Le “collaborations” costituiscono ormai la prassi nel mondo delle sneaker, tanto che molte di esse non riescono più a raggiungere la soglia di rumore ed ottenere l’attenzione dei fan che i marchi si prefiggono.

Ma il recente caso Nike con Tiffany, salito in questi giorni alla ribalta non solo degli hardcore fans ma anche dei media generalisti, è una ragguardevole eccezione. Come per l’ultimo successo planetario di Nike con Dior del 2020, abbiamo cercato di analizzare le ragioni di questo fenomeno, e – in raffronto ai risultati delle nostre osservazioni delle collabs globali – abbiamo tratto cinque punti che lo possono spiegare.

1. I partner sono “una strana coppia”. Tra i modelli più comuni alle attivazioni di questo genere (in più di 10 anni abbiamo identificato 5 costanti, tra cui appunto quello che abbiamo denominato “la Strana Coppia”) la partnership tra brand molto diversi, se non addirittura opposti, è quello che generalmente ottiene maggiore attenzione. Nike e Tiffany lo sono sicuramente, per origine, heritage, e business prevalente.

2. La collaborazione è reciproca. Se da un lato Nike lancia un maquillage di una Air Force 1 1837, dall’altro Tiffany risponde con una linea di prodotti in argento, inusuali o comunque pervasi dallo spirito della collaborazione, interpretato secondo il proprio DNA: un fischietto, un calzascarpe, uno spazzolino (per sneaker), e un “dubrae” per i lacci Tiffany.

3. L’esperienza strategica dei partner è collaudata. Entrambi sono brand navigati nel settore. Che Nike abbia contribuito a creare il modello delle partnership in co-branding in tempi pionieristici è un dato di fatto, e Tiffany, dal canto suo, pur essendo entrata solo recentemente nell’arena, ha attuato una strategia dirompente, caratterizzata soprattutto da frequenza e diversità dei partner, dall’obbligatoria Supreme agli NFT utilizzati ben prima di altri brand.

4. L’esecuzione è eccellente. Probabilmente è più facile, grazie al leggendario colore Tiffany, creare prodotti che scatenino l’attenzione del pubblico. In questo caso, però, tutti i commenti sui social media sono concordi ( a parte qualche critica al colore nero scelto per la sneaker): entrambi hanno sviluppato veri oggetti del desiderio. E lanciare “remarkable products” è, in ultima analisi, il fine delle collaborations.

5. Il sistema “drop”. Seguendo il manuale delle collabs, il mix tra rivelazioni non ufficiali, comunicati stampa a pochi media di riferimento, e l’effetto FOMO (Fear of Missing Out) tipico degli utenti dei social media, scatena l’attenzione. La potenza mediatica dei due brand è stata capace di montare il fenomeno grazie ad un unico post comune su entrambi i profili social, sintetico ma potente: una scatola azzurro Tiffany con lo swoosh, e il claim “A legendary pair”. Tanto è bastato a scatenare prima gli sneakerheads, poi i numerosi affetti da “FOMO” su qualsiasi mezzo, per arrivare immediatamente alla stampa generalista mondiale. Ma non finisce qui: sta circolando “non ufficialmente” sui social un giubbotto Nike x Tiffany, indossato nientemeno che da LeBron James. Una mossa che mantiene alta la temperatura e che fa ritenere che il progetto continui.

E’ probabile che tanta attenzione generata in poco tempo si sgonfi in fretta. Ma è sicuro che l’enorme coinvolgimento, anche di massa, è riuscito ad innalzare la reputazione di entrambi i brand, molto più e molto meglio di qualsiasi altra operazione di comunicazione.