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Termini come “sostenibilità” “etica” o “bio” erano quasi banditi sino a qualche stagione fa dagli eventi fashion come Pitti Uomo o Bread and Butter, e – a parte qualche pioniere come Patagonia– i pochi che facevano propri questi temi venivano guardati come neo-fricchettoni.

I tempi sono decisamente cambiati, sembra: siamo stati a Greenshowroom / Ethical Fashion Show, evento organizzato da Frankfurt Messe nel contenitore Berlin Fashion Week, ed abbiamo scoperto che sempre più numerosi lifestyle brand stanno scommettendo su temi come “economia circolare”, sistemi di riciclo totale, materie prime bio e naturali, o semplicemente su modelli di produzione etici e socialmente utili.

Il messaggio è chiaro: questi temi sono oggi altrettanto cool e chic rispetto al sistema moda come lo conosciamo. Il vantaggio, oltre a quello immediato sull’ambiente, è che creano un corto circuito positivo sia nei consumatori che in una parte (evoluta) di retailer.

Alcune tracce di questo neo-rinascimento erano presenti anche a Pitti Uomo e Premium: Save the Duck con WWF, Napapjiri con il nuovo brevetto Thermo Fibre, che non utilizza materiali prime animali, Armedangels che si presenta con una comunicazione molto “social conscious”.

Tra i 166 brand di Greenshowroom i grandi o più conosciuti come Patagonia, El Naturalista, Skunkfunk, erano affiancati da nuovi brand come Rich and Vibrant (intimo e calze supercolorate e bio), o l’italiana Tu&Tu, moda donna chic e raffinata 100% naturale o con materie 100% riciclate, o le camicie di Carpasus, super raffinate e 100% naturali, compresi i bottoni.

E guardate il modo di comunicare di questi brand: tutt’altro che pauperistiche e idealiste, le branding stories sono raccontate con orgoglio e con lo stesso “cool” del fashion convenzionale, evidentemente consapevoli del fatto che molti clienti e retailer hanno piacere di sentirle raccontate così.

Perché, come sostiene Ecoalf: non abbiamo un “planet B”.