BRAND JAM LAB SPECIAL REPORT
Uno degli aspetti critici della brand innovation è la scarsa disponibilità di dati misurabili su ciò che è e come funziona. Considerando che sono passati più di 20 anni da quando Braun ha collaborato con Oral-B, è sorprendente quanta poca informazione esista attorno a un argomento che è diventato una parte essenziale del kit di marketing di tanti brand di successo. L’industria del marketing ha probabilmente speso molti sforzi in più nell’analisi della pubblicità su Snapchat che non cercando di comprendere le dinamiche della Collaboration Generation.
Brand Jam è stato creato con l’intento di contribuire a colmare questa lacuna, ma invece di fornire i soliti aneddoti e copiare ed incollare comunicati stampa, abbiamo voluto andare oltre e tentare di quantificare l’intero panorama della brand innovation così com’è. Quello che segue sono alcuni approfondimenti per aiutare a definire cosa sia e chi e come la sta facendo.
Per tutto il periodo gennaio-marzo 2018 abbiamo catalogato più di 520 casi di brand che comunicavano nuovi lanci di prodoto utilizzando piattaforme basate sulla collaborazione o sul licensing. Ecco qualche informazione interessante
1. I BRAND PREFERISCONO I BRAND
I marchi possono intraprendere modelli di business diversi per coinvolgere partner esterni. Le sfumature ed i benefici di ciascuno sono un argomento interessante, ma il punto da tenere in considerazione per ora è che nel trimestre appena passato, il modello del licensing è stato scelto solo nel 28,6% dei casi.
Mentre il licensing costituisce una risorsa utile per generare rilevanza e appeal, quando i marchi sono alla ricerca di partner, sono molto più propensi ad attribuire un premio allo stile, alla personalizzazione e all’esclusività. I brand collaborano molto più frequentemente con altri brand (36,5%) e designer (11,1%). Gli artisti e le licenze d’arte sono presenti quasi altrettanto spesso, rappresentando il 10,4% di tutte le campagne rilevate.
Contrariamente a ciò che i blog di marketing vogliono farci credere, gli influencer si presentano come partner solo nell’1,2% delle campagne, quasi tutte nella cosmetica e bellezza. Al contrario, le vere celebrità della musica, dello sport, dei film e le modelle rappresentano il 7,5%.
2. L’AMERICA INSEGNA
I marchi americani sono di gran lunga i più attivi, con gli Stati Uniti come Paese d’origine per il 43,6% delle campagne – un numero influenzato in qualche modo dagli alti tassi di properties utilizzate.
Il Giappone e il Regno Unito rappresentavano ciascuno l’11,5%, con l’Italia, seguite da Germania e la Francia, ciascuno con circa il 6%. Altri Paesi apunteggio elevato sono Svezia, Svizzera, Danimarca, Canada e Corea.
Quasi la metà (il 45,2%) di tutte le campagne si svolge tra partner della stessa nazionalità. Ciò significa che è comune per i brand raggiungere l’esotico come il familiare.
3. IL FASHION COMANDA…O NO?
Abbigliamento, calzature e accessori rappresentavano quasi i tre quarti (72,9%) di tutte le campagne di brand innovation lanciate nel periodo – ma non si tratta solo di sneaker. Le categorie rivolte a un pubblico giovane (sneakers, sport, denim / moda giovane) hanno rappresentato meno della metà di questo numero, con le sneaker che rappresentano solo il 10% del totale.
Le categorie non-fashion con i più alti livelli di attività sono stati gli orologi e i gioielli, l’arredamento, il food e bevande e i cosmetici. Mentre le statistiche grezze dipingono un quadro di categorie minori oscurate dalla moda, è importante non perdere di vista il fatto che orologi e gioielli stiano utilizzando le collaborazioni al ritmo di dieci casi al mese.
L’alto punteggiomdel fashion è gonfiato anche da un paio di fattori. Innanzitutto, la maggior parte dei marchi di moda è obbligata a reinventare l’intera offerta di prodotti almeno due volte l’anno. In secondo luogo, il numero di campagne di grande successo nell’ultimo decennio ha ispirato concorrenti ad agire in modo simile. Il successo genera successo.
È interessante notare che il 60% delle collaborazioni nella moda nell’ultimo trimestre sono state eseguite con partner esterni al settore, sottolineando la possibilità che il loro alto tasso di coinvolgimento possa essere tanto un prodotto delle circostanze quanto il risultato di un’anormale affinità alla collaborazione.
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