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1. Space is the new black

Durante gli anni Cinquanta e Sessanta, il mito della nuova era spaziale era fattore determinante per la ricerca, la progettazione ma anche per la comunicazione del marketing nascente. Una società distrutta dalla guerra, un futuro migliore non poteva che essere un obiettivo da raggiungere presto, e lo spazio e la sua conquista erano concetti dilaganti, dalle auto agli elettrodomestici, ai servizi.

Perso l’entusiasmo iniziale, la speranza escapista fu eclissata dalla cultura geek… fino a qualche tempo fa le agenzie come NASA o ESA non potevano pensare di catturare nemmeno una piccola parte dell’attenzione richiamata da Star Wars.

Lo spazio però sta tornando nelle menti dei consumatori e nei mercati. Forse il momento di innesco è stato il forte impatto provocato proprio dai nuovi episodi Star Wars, sia al box office che nel merchandising, durante il 2016. Probabilmente molti dei concetti di fantascienza, allora solo sognati, , sono oggi in rapida evoluzione anche nella realtà: il viaggio spaziale civile, la colonizzazione di Marte, l’intelligenza artificiale, la ricerca della vita aliena,…

Lo spazio è entrato a far parte di settori come la moda e la cultura popolare, e questa volta i designer devono soddisfare i gusti più disparati, avendo al contempo una vasta gamma tematica da scegliere. I concetti applicati spaziano dal militarismo e utilitarismo (come Nike), ai cartoni animati e temi humor (come Chanel).
E’ aumentata la domanda per le licenze NASA, utilizzate da brand come Coach, Alpha Industries e Fred Mello, anche per rispondere alla popolarità dello stile militare e all’uso di patch nello sportswear. Persino KFC è stato visto proporre patch in stile NASA, col fine di riprodurre il sapore del suo hamburger Zinger, ispirato ad un pilota aerospaziale.

La grafica NASA ha anche trovato il suo spazio negli stili di Springfield e Rica Lewis e le fotografie dell’International Space Archives vengono utilizzate come fonte alternativa dei contenuti originali.

La tecnologia spaziale ed i suoi materiali sono un altro tema in fase di ripresa, come si può notare dagli ultimi sforzi riguardanti la tecnologia di Floarking di Reebok e nell’orologeria, come ad esempio Werenbach, MB & F e, come sempre, Omega. Nel frattempo, la fantasia dei brand partner di Star Wars continua a sfornare idee e prodotti stravaganti e fuori dal mondo.

Per il momento, le tematiche trattate sono relativamente evidenti ma, come tema, lo spazio ha molte potenzialità per evolversi ed espandersi; è molto probabile che anche in futuro i designer di moda e lifestyle possano incorporare nel loro lavoro creativo nuovi riferimenti culturali e nuovi modi di espressione dello spazio.

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2. Sfigura, distorci, distruggi.

L’apparente rapporto d’amore dell’industria del lusso con lo skateboard e la cultura stradale è stato recentemente oggetto di molti editoriali. Se Dior lancia skateboards, l’ego di molti viene offeso, soprattutto nella comunità degli skaters.

Il fondatore di Brand Jam, Paolo Lucci, ha respinto la polemica nel nostro recente reportage: “I due mondi potrebbero non avere niente in comune: i fashionisti e gli skater possono rimanere due comunità opposte. Allo stesso tempo però, l’estetica dello skate – non la sua cultura – è una forte ispirazione.” Si scopre in realtà che per l’élite di moda, scimmiottare lo skateboard è più di un semplice giochetto. Eventi recenti hanno letteralmente frantumato le allusioni a ordine ed efficienza promosse nell’ultimo decennio dal design minimalista e dalle immacolate pagine Instagram. Con rabbia e la paranoia dilaganti in entrambe le estremità dello spettro politico, i designer possono andare sul sicuro sincronizzandosi con questi stati d’animo e rifiutando deliberatamente il perseguimento della bellezza.

I giovani consumatori sono l’obiettivo primario della nuova estetica “distruttiva”, anche se ormai non è più il momento per entrare nel mainstream con uno stile simile. Gli acquirenti contemporanei non devono necessariamente essere sconvolti, ma la loro attenzione è sicuramente ricettiva ad idee controverse e dissonanti. Un recente articolo su the Guardian sulla diffusa popolarità dell’estetica post-sovietica afferma: “In un mondo in cui le persone consumano contenuti a una velocità sfrenata, è necessario fare di più del semplice soddisfare: bisogna confondere, sconcertare , e lasciare un ‘soffio di fumo’ “.

L’impulso di sfigurare, distorcere e distruggere sta diventando sempre più prevalente nel design dei prodotti e dei media. Un’evoluzione della tendenza di ibridazione evidenziata nel mio report di gennaio è la vandalizzazione degli stessi loghi, che pone brand manager e professionisti di licensing nella condizione di attuare scelte scomode, che però fanno evolvere l’estetica di brand.

Fortunatamente è un dilemma che il modello della collaborazione risolve elegantemente: consente ad un marchio di sollevare le mani in segno di innocenza e puntare al partner come forza distruttiva. Nel frattempo, gli avvocati di proprietà intellettuale dovranno essere estremamente vigili nei confronti dei loghi e delle opere d’arte usate come creazioni collaterali senza permesso: i reati non saranno sempre così facili da individuare come è successo per le sorelle Jenner …